Pokémon World 2000

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STORIA DEI POKÉMON

Fino al 1996 Satoshi Tajiri, 34 anni, era un ragazzo senza arte né parte. Timido fino all’inverosimile aveva soltanto due interessi che coltivava con ossessione maniacale: gli insetti e i videogiochi. Satoshi era quello che i giapponesi, rigidamente conformisti, chiamano con disprezzo otaku, cioè una persona che vive al di fuori della società, chiuso in un mondo di fantasia da lui stesso creato. Il suo destino sembrava segnato: era destinato a diventare un emarginato. A tre anni di distanza, invece, Satoshi Tajiri è diventato uno degli uomini più popolari non soltanto del Giappone ma di tutto il pianeta, il responsabile di una febbre che sta bruciando il mondo come un incendio. Satoshi infatti è l’ideatore dei Pokémon, i buffi esseri fantastici, in parte animali e in parte piante o rocce, al centro della moda del momento. Nati originariamente come personaggi per un videogioco, i Pokémon hanno invaso il mondo con la forza di un esercito di conquistatori. Dal videogioco, infatti, sono nati una serie di cartoni animati di grande successo, un gioco di carte che appassiona giocatori e collezionisti, giocattoli e persino un film, prodotto dalla Warner Bros. Il film in America ha incassato quasi 200 miliardi di lire e in Italia è stato nei cinema a partire dal 20 aprile. Insomma i Pokémon si sono evoluti in un vero e proprio impero commerciale che, secondo le ultime stime, ha generato un giro d’affari di circa 8.000 miliardi di lire. Un vero trionfo per Satoshi, che, fino a pochi anni fa si guadagnava da vivere riparando lavatrici e tostapani in un laboratorio e pareva destinato a una vita di solitudine e infelicità. Il successo, e la conseguente ricchezza, non sembrano però aver cambiato il "papà" dei Pokémon. Ancora adesso è un personaggio bizzarro, chiuso in un mondo tutto suo. Da quando la famiglia dei Pokémon è cresciuta, Satoshi non abbandona mai le sue "creature": sovente lavora per 24 ore consecutive per poi dormire 12 ore filate. Vede poche persone, e quando è costretto per esigenze di lavoro ad apparire in pubblico si sente a disagio e cerca di tornare il prima possibile nel suo laboratorio. Si è concesso una sola vanità: Ash, il protagonista umano della serie di cartoni animati dei Pokémon, è disegnato a sua somiglianza. Anzi, nella versione giapponese il personaggio si chiama Satoshi, proprio come il suo creatore. In effetti, senza le sue creature, la vita di Satoshi Tajiri sarebbe ben diversa. Nato nel 1965 da una famiglia piccolo borghese, il padre era venditore d’auto e la madre casalinga, Satoshi fin da bambino è stato afflitto da una timidezza patologica. Il suo carattere schivo lo ha subito reso un solitario in una società come quella giapponese dove l’aggressività e la competizione vengono insegnati fin dall’asilo. Deriso dai compagni per la sua timidezza, vessato dai maestri che gli rimproveravano lo scarso rendimento scolastico, Satoshi si trasformò ben presto in un solitario. Unico rifugio per lui erano gli insetti e i piccoli animali che andava a cercare nelle risaie e nei fossi che crescevano vicino alla sua casa alla periferia di Tokyo. "Da bambino passavo il mio tempo all’aperto, nei campi", ha raccontato Satoshi Tajiri in una delle rare interviste che ha concesso "alla ricerca di insetti e di piccoli animali. Mi piaceva collezionarli. Ogni insetto nuovo era per me un mistero affascinante da svelare. Volevo diventare un entomologo. Ero diventato bravissimo a scoprire i piccoli animali che si nascondevano sotto le rocce nei ruscelli. Praticamente mi ero trasformato in uno di loro". Tuttavia questo passatempo finì presto: negli anni Settanta Tokyo iniziò una nuova espansione. Le risaie, i campi e i fossi che sorgevano alla periferia furono cancellati, inghiottiti da un fiume di asfalto e cemento che cancellò tutti i piccoli amici di Satoshi. Ora che i suoi amati insetti non potevano più fargli compagnia, Satoshi, ormai adolescente, scoprì una nuova passione per colmare la sua solitudine: i videogiochi che iniziavano allora ad affacciarsi nelle sale giochi giapponesi. Fu un dramma. "Quando i miei genitori scoprirono che passavo buona parte delle mie giornate in sala giochi", ha raccontato Satoshi "quasi impazzirono dal dolore. Per loro era un disonore come se fossi andato a rubare. Mi gridarono piangendo che ero diventato un delinquente". Il padre, disperato, giocò allora l’ultima carta. Visto che Satoshi impazziva per i giochi elettronici lo costrinse a iscriversi a un istituto tecnico. Dopo due anni di corso, ottenuto un diploma di perito elettronico, Satoshi trovò lavoro in un laboratorio di riparazioni di elettrodomestici. Il tempo libero, però, Satoshi lo passava nelle sale giochi, con foga quasi maniacale. Gli unici amici erano un gruppo di giovani ossessionati dai videogiochi come lui. Nel 1982 decisero di mettere a frutto la loro passione e fondarono una piccola rivista chiamata appropriatamente Gamefreak, "Fanatici dei giochi". Satoshi e i suoi amici sezionavano ogni nuovo gioco fino a conoscerne tutti i segreti più reconditi e poi li pubblicavano sulla loro rivista. La rivista ebbe un discreto successo e negli anni fu affiancata da una piccola società di creazione di videogiochi. La società all’inizio non fu fortunata. I progetti che Satoshi e i suoi amici inviavano alle aziende di giocattoli erano regolarmente respinti anche se qualcuno mostrava apprezzamento per il talento visionario dei raqazzi. Nel 1991 la svolta: la Nintendo, colosso dei videogiochi, costruisce il Gameboy, un apparecchio per videogiochi portatile ed economico. In più grazie a un cavo è possibile collegare due apparecchi tra loro e permettere così sfide incrociate tra due diversi giocatori. "Una notte", ha raccontatn Satoshi "ho sognato i miei adorati insetti. Li vedevo camminare lungo il filo di collegamento tra due Gameboy: passavano da uno schermo all’altro attraverso il filo. Fu allora che ebbi l’intuizione: creare un videogioco che permettesse ai giocatori di scambiarsi diversi personaggi come figurine". Questa volta l’idea piacque a Shigeru Miyamoto, uno dei dirigenti della Nintendo, che commissionò a Tajiri e alla sua società il progetto del videogioco. "Ci sono voluti sei anni di lavoro", ha raccontato Satoshi Tajiri "durante i quali abbiamo rischiato di fallire mille volte. Cinque persone che lavoravano con me sono scappate perché temevano di restare senza lavoro e senza soldi. I miei soci e io abbiamo chiesto denaro in prestito ai nostri genitori. Mio padre mi ha dato tutti i suoi risparmi ma mi ha detto: "Se fallisci non vogliamo più vederti"". Per dar vita al suo progetto Satoshi ha chiesto ancora una volta aiuto ai suoi amici d’infanzia, gli insetti. Ispirandosi a loro ha creato i Pokémon, termine che nasce dalla contrazione delle parole inglesi pocket e monster, cioè "mostro tascabile", buffi esseri per metà animali o insetti e per metà piante o rocce. Ogni Pokémon ha caratteristiche diverse: qualcuno emette scariche elettriche, altri addormentano con un canto magico, altri sono forti come la roccia. Scopo del gioco è quello di raccogliere tutti i 151 Pokémon e farli lottare tra loro. Si tratta di lotte incruenti perché il Pokémon sconfitto si mette a dormire per recuperare le forze e prepararsi a una nuova battaglia. I Pokémon più combattono e più si evolvono: si trasformano in creature diverse più forti e potenti. Beniamino dei bambini e simbolo del "fenomeno" Pokémon è Pikachu, piccolo essere giallo che emette scariche elettriche quando è arrabbiato. ll videogioco è uscito in Giappone nel 1996 ed è stato subito un successo enorme. La trovata geniale è che ogni gioco non contiene tutti i 151 Pokémon esistenti. I giocatori, però, possono ottenere i "mostri tascabili" mancanti prelevandoli, in cambio di altri personaggi, dal videogioco degli amici proprio come si faceva un tempo con le figurine dei calciatori. Il successo planetario si è poi completato grazie alla successiva invenzione del gioco da tavolo. Qui i giocatori si sfidano usando un mazzo di 60 carte da gioco che raffigurano i vari Pokémon. Obbiettivo del gioco è collezionare, scambiare e combattere con il maggior nurnero di creature per poter disporre della squadra più forte. La "febbre" dei Pokémon si è diffusa in tutto il mondo tra la metà del 1999 e l’inizio del 2000. I dati sono impressionanti: in Italia, a un mese dal lancio, sono stati venduti più di 500.000 oggetti, tra giocattoli e mazzi di carte. La Hasbro, l’azienda che produce le carte e i pupazzi dei "mostri tascabili", prevede per il 2000 vendite nell’ordine dei 100 miliardi di lire. Nel mondo sono stati finora venduti oggetti legati ai Pokémon per 8.000 miliardi di lire. Nel nostro Paese la "febbre" dei Pokémon, spinta dalla serie animata trasmessa da Italia 1, non ha ancora raggiunto le punte massime. Manca infatti all’appello il film, intitolato semplicemente Pokémon, uno dei maggiori successi della scorsa stagione cinematografica statunitense. Questo successo, però, non tocca più di tanto il mondo del suo ideatore. Per Satoshi Tajiri Pikachu e i suoi compagni sono stati più di una fonte di ricchezza; hanno dato un senso alla sua esistenza. "I Pokémon sono la mia vita", dice Satoshi Tajiri. "Tutto ciò che ho fatto, ho sognato e ho desiderato in 34 anni è concentrato in una sola cosa: i Pokémon".